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CEI 2008 - Antico Testamento - Libri Sapienziali - Salmi - 39

Salmi

LA VITA DELL’UOMO È SOLO UN SOFFIO
39 Al maestro del coro. A Iedutùn. Salmo. Di Davide.

39,1 Percorsa da una sottile vena di amarezza, con accenti ora forti, ora ispirati a uno sconsolato pessimismo, questa composizione sembra contrapporsi all’ottimismo del  Sal 8. L’uomo è visto qui nei suoi limiti, sempre alle prese con il peccato, la sofferenza, lo sconforto, la delusione. A ciò si aggiunge la constatazione della fugacità della vita che fa dell’uomo un forestiero e un ospite sulla terra (v. 13). Dio, che ha fatto pesare la sua mano, è il solo che può dare ascolto al grido della sua creatura.
39,1 Iedutùn: un personaggio con questo nome è citato nel primo libro delle Cronache (1Cr 9,16; 16,38.41-42) tra i leviti incaricati di un servizio particolare nel tempio di Gerusalemme (vedi anche Sal 62,1; 77,1).
2 Ho detto: "Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
metterò il morso alla mia bocca
finché ho davanti il malvagio".

3 Ammutolito, in silenzio,
tacevo, ma a nulla serviva,
e più acuta si faceva la mia sofferenza.

4 Mi ardeva il cuore nel petto;
al ripensarci è divampato il fuoco.
Allora ho lasciato parlare la mia lingua:

5 "Fammi conoscere, Signore, la mia fine,
quale sia la misura dei miei giorni,
e saprò quanto fragile io sono".

6 Ecco, di pochi palmi hai fatto i miei giorni,
è un nulla per te la durata della mia vita.
Sì, è solo un soffio ogni uomo che vive.

7 Sì, è come un'ombra l'uomo che passa.
Sì, come un soffio si affanna,
accumula e non sa chi raccolga.

8 Ora, che potrei attendere, Signore?
È in te la mia speranza.

9 Liberami da tutte le mie iniquità,
non fare di me lo scherno dello stolto.

10 Ammutolito, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.

11 Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.

12 Castigando le sue colpe
tu correggi l'uomo,
corrodi come un tarlo i suoi tesori.
Sì, ogni uomo non è che un soffio.

13 Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l'orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
perché presso di te io sono forestiero,
ospite come tutti i miei padri.

14 Distogli da me il tuo sguardo:
che io possa respirare,
prima che me ne vada
e di me non resti più nulla.



Note al testo

39,1 Percorsa da una sottile vena di amarezza, con accenti ora forti, ora ispirati a uno sconsolato pessimismo, questa composizione sembra contrapporsi all’ottimismo del  Sal 8. L’uomo è visto qui nei suoi limiti, sempre alle prese con il peccato, la sofferenza, lo sconforto, la delusione. A ciò si aggiunge la constatazione della fugacità della vita che fa dell’uomo un forestiero e un ospite sulla terra (v. 13). Dio, che ha fatto pesare la sua mano, è il solo che può dare ascolto al grido della sua creatura.
39,1 Iedutùn: un personaggio con questo nome è citato nel primo libro delle Cronache (1Cr 9,16; 16,38.41-42) tra i leviti incaricati di un servizio particolare nel tempio di Gerusalemme (vedi anche Sal 62,1; 77,1).