Proverbi
Il termine ebraico tradotto “Proverbi” indica sentenze e massime che si sviluppano sulla base della similitudine e del paragone.
Il libro è cresciuto intorno a due collezioni principali di massime del re Salomone (cfr.
1 Re 5, 12-14), raccolte nei
cc. 10, 1-22, 16 e
cc. 25-29, con cinque appendici contenenti sentenze ai sapienti in generale (22, 17-24, 34) e a due ignoti saggi: Agur (
c. 30) e il re Lemuel (31, 1-9). La conclusione è un celebre poema alfabetico in lode alla donna virtuosa (31, 10-31).
I Proverbi intendono istruire il popolo semplice perché non si lasci influenzare dagli insensati, ma, ascoltando i consigli dei sapienti, mantenga una condotta intemerata in tutte le circostanze della vita, ispirandosi alla fede e al timore, cioè al rispetto di Dio, che è principio della vera sapienza. Le massime sono dense di umana esperienza e di umano sentimento, ma nello stesso tempo sono imbevute di spirito religioso, ai fini del conseguimento della felicità, che l’uomo può assicurarsi con una profonda e sincera vita morale, e che è una ricompensa divina. La ricerca della felicità, partendo da un livello assai modesto si orienterà, col progresso della rivelazione divina, verso mete spirituali più alte.
Il libro è il punto di confluenza di una corrente di cultura e di un’attività letteraria che dai tempi di Salomone (sec. X a.C.) giunge fino al V-VI sec. a.C. ed è un’antologia della sapienza d’Israele.