Contemporaneo di Aggeo e sacerdote di Ezechiele, di cui di avverte nel libro l’influsso, Zaccaria, tra il 520 e il 518 a.C., si impegna a sostenere con la parola di Dio i reduci a Gerusalemme dopo l’esilio in Babilonia, i quali, dopo avere tra mille difficoltà ricostruito il tempio, non riescono a vincere al delusione per la mancanza dei segni della benedizione divina sulla loro fatica.
Alla base del libro è una specie di diario del profeta, che registra otto visioni di ispirazione messianica (cc 1-8); la seconda parte contiene profezie messainiche anonime e senza data (cc. 9-14), che forse riprendono un documento più antico (verso il 721 a.C.: cc. 9-11) rielaborato in epoca posteriore all’esilio.
Zaccaria fa animo agli sfiduciati facendo balenare davanti ai loro occhi gli splendori dell’èra messianica: la novità del suo messaggio consiste nell’aver presentato il Messia come un re mite e pacifico, che colma l’attesa dei poveri (9, 9) e sarà tolto di mezzo con la violenza (12, 10).